martedì 2 settembre 2014

Da leggere -C'ero una volta, Lele Panzeri

Parole e immagini

Confesso di essere un art director con una spiccata passione per le parole. 

Una campagna la si ricorda molto di più per quello che dice, piuttosto che per quello che mostra. 

Le immagini invecchiano prima, sono più esposte alle intemperie.

Su un'immagine le rughe che il tempo lascia sono molto più visibili.

Un bel titolo di vent'anni fa continua ad essere un bel titolo.

Un bel visual di vent'anni fa oggi probabilmente fa ridere.

Ho avuto la fortuna di lavorare con grandi copywriter, lo ammetto, e forse sono stato viziato da queste frequentazioni.

E poi, diciamocelo, le banche immagini alle quali sempre più spesso si ricorre hanno letteralmente devastato la parte più creativa ed immaginativa di un art director.

Gli art director di oggi non usano più il pennarello e contemporaneamente non sanno usare bene neanche il computer.

La loro professionalità rimane irrimediabilmente schiacciata dalla voglia di presentare a un cliente la cosa più definita possibile.

Gli art director stanno lentamente diventando svogliati ricercatori iconografici e degli svogliati impaginatori di basse.

Questo in linea generale, fatte salve le solite notevoli eccezioni riguardanti quelli che sanno fare le uova.

Del computer poi, non ne voglio neanche parlare.

Lele Panzeri: art director, patafisico.

E non va meglio per i copywriter.

I testi sono sempre più scarni e più piccoli, a volte al limite della leggibilità.

Sembra che le parole si siano ritirate da qualche parte in attesa di tempi migliori.

Eppure, io dico che nelle parole c'è una carica esplosiva molto maggiore che nelle immagini.

E' necessario che i copywriter tornino ad accendere le micce.

Che comprino lo Zippo, perdindirindina!



C'ero una volta, Lele Panzeri, Blonk Editore.


Fonte immagine.

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